IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza, sul ricorso n. 3230/2006
Reg.  Gen.,  proposto  dalla  Falzarano  Pasquale  S.r.l., in persona
legale   rappresentante   pro   tempore,   ing.   Giorgio  Falzarano,
rappresentata  e  difesa dagli avv.ti Giovanni Verde e Luciana Verde,
con domicilio eletto in Napoli alla via Giuseppe Martucci 48;
    Contro  il  Commissario  delegato  del  Governo  per  l'emergenza
rifiuti nella Regione Campania pro tempore, rappresentato e difeso in
giudizio, ex lege, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i
cui  uffici domicilia, ope legis, in Napoli alla via Diaz 11; nonche'
la  Provincia  di  Benevento,  in  persona del Presidente pro tempore
della  giunta provinciale, rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo
Catalano  e  Lucio  Coletta,  con domicilio eletto in Napoli alla via
D'Annibale  28,  presso lo studio di quest'ultimo; e il dirigente pro
tempore  del  Settore  edilizia  e patrimonio, Ufficio espropri della
Provincia  di  Benevento,  ing. Valentino Melillo, domiciliato per la
carica  in  Benevento  alla piazza G. Carducci, presso la sede legale
dell'ente,   non   costituito;  il  R.U.P.  (Responsabile  Unico  del
Procedimento)  e  Dirigente  del  Settore pianificazione territoriale
della  Provincia  di Benevento, ing. Angelo D'Angelo, domiciliato per
la carica in Benevento alla piazza G. Carducci, presso la sede legale
dell'ente,  non  costituito;  per l'annullamento, previa sospensione,
«1)  dell'avviso  della  Provincia  di  Benevento, Settore edilizia e
patrimonio,  Ufficio  espropri  prot. 1999 del 10 marzo 2006, a firma
del  dirigente  del  Settore  ing.  V. Melillo e del Responsabile del
Procedimento  ing. A. D'Angelo, avente a oggetto "ordinanza n. 63 del
27  febbraio  2006 del Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti
in  Campania"  e  con la quale si notificava l'ordinanza n. 63/06, il
piano  grafico  e  quello  descrittivo,  si preannunciava la presa di
possesso  e  lo  stato  di  consistenza,  si  offriva l'indennita' di
esproprio   determinata   in   via   provvisoria,   si  diffidava  il
destinatario  a far trovare gli immobili liberi da persone e cose; 2)
dell'ordinanza  del  Commissario  di  Governo per l'emergenza rifiuti
nella  Regione  Campania  n. 63 del 27 febbraio 2006; 3) di tutti gli
ulteriori  atti preordinati, connessi e conseguenti, tra i quali, per
cio'  che  risulta  nel  preambolo  dell'ordinanza  n. 63/2006  e con
espressa   riserva  di  motivi  aggiunti,  non  essendo  direttamente
conosciuti  dalla  ricorrente,  assumono  peculiare  rilievo:  a)  il
decreto  del  Presidente  della  Provincia  di  Benevento n. 4 del 24
febbraio  2006,  con cui si demandava al Commissario delegato l'avvio
delle procedure espropriative riferite alla acquisizione dell'area di
circa  240.000  mq, secondo quanto previsto nell'Accordo di Programma
del  28  ottobre  2005  (gia'  impugnato  al Tribunale amministrativo
regionale  Campania-Napoli  nel  procedimento R.G. 9249/2005) ai fini
della   realizzazione  di  un  progetto  di  "Lavori  di  risanamento
ambientale,  infrastrutturale,  polifunzionale  in  loc. Tre Ponti di
Tufara  Valle di Montesarchio"; b) il Piano particellare di esproprio
grafico  e  descrittivo  allegato  al  decreto  n. 4/06  cit.;  c) la
delibera  di  giunta  provinciale  n. 700  del  23  settembre 2005 di
approvazione   del  progetto  di  "Idea  Progetto  di  risanamento  e
riqualficazione   ambientale   infrastrutturale   polifunzionale   in
localita' Tre Ponti di Tufara Valle di Montesarchio"»;
    Visti il ricorso ed i relativi allegati;
    Visti  gli  atti  di  costituzione in giudizio del Commissario di
Governo  per  l'emergenza  rifiuti  nella  Regione  Campania  e della
Provincia di Benevento, con le annesse produzioni;
    Vista  l'ordinanza  cautelare n. 1542/2006 del 25 maggio 2006 con
la  quale  la  sezione  ha  accolto  la  domanda  di  sospensione dei
provvedimenti  impugnati,  ai  sensi dell'art. 23-bis, comnii terzo e
quinto,  della  legge  n. 1034  del  1971  e  successive  modifiche e
integrazioni;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Uditi  alla  camera di consiglio del 25 maggio 2006 - relatore il
magistrato dott. Carpentieri - gli avv. riportati a verbale;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

                              F a t t o

  e   d i r i t t o      Con  ricorso  notificato  il 2 maggio 2006 e
depositato  in  segreteria  il  successivo  giorno  10,  la  societa'
Falzarano  Pasquale  S.r.l., proprietaria di una vasta area ricadente
nel  territorio  del  Comune di Montesarchio, riportata in catasto ai
ff.  24 e 25, meglio precisata in atti, gia' interessata da attivita'
estrattiva  di  cava,  impugna  gli  atti riportati in epigrafe con i
quali  le  Autorita'  emananti  procedono  all'avvio  della procedura
espropriativa  e  all'occupazione d'urgenza (con determinazione della
data di immissione in possesso e contestuale redazione dello stato di
consistenza  degli  immobili occupati) in attuazione delle previsioni
dell'accordo di programma stipulato il 28 ottobre 2005 tra la Regione
Campania,  la  Provincia di Benevento, il Comune di Montesarchio e il
Commissario  di  Governo  per  l'emergenza rifiuti in Campania per la
realizzazione  della  discarica  e per la riqualificazione ambientale
dell'area "Tre Ponti" del Comune di Montesarchio.
    L'accordo  di  programma  del 28 ottobre 2005 (peraltro impugnato
dalla   medesima  societa'  ricorrente  dinanzi  a  questo  Tribunale
amministrativo   regionale   con   precedente   ricorso  iscritto  al
n. 9249/05  reg.  gen.,  tuttora  pendente)  ha  chiuso  un'annosa  e
complessa    procedura    nata    con   l'emanazione   dell'ordinanza
commissariale n. 319 del 7 dicembre 2004 di approvazione del progetto
esecutivo  per  la  realizzazione  dell'intervento  di ricomposizione
morfologica  della  cava in attivita' in localita' Tora del Comune di
Montesarchio  con  l'utilizzo  di  FOS  e dei sovvalli provenienti da
impianti di produzione di c.d.r.
    L'opposizione  delle comunita' locali interessate dall'intervento
ha  dato  luogo  a  una  lunga  fase di negoziazione - svoltasi sia a
livello   regionale   che  di  governo  centrale  -  in  ordine  alla
localizzazione   dell'impianto,   nell'ambito  della  piu'  complessa
problematica  della cd. "provincializzazione" dei rifiuti in Campania
(fenomeno  per  cui  le  province  dell'entroterra appenninico devono
gravarsi a titolo di solidarieta' di quote di smaltimento dei rifiuti
prodotti dalle piu' popolose e degradate aree urbane costiere).
    Alla  fine di tutto cio', si e' pervenuti al suddetto accordo del
28   ottobre   2005,   i   cui   termini   essenziali  possono  cosi'
sintetizzarsi:  alla  realizzazione  di  una  discarica nel sito "Tre
Ponti" del Comune di Montesarchio per la durata massima di sei mesi e
per  un  volume  di  rifiuti non superiore a 400.000 mc di volumetria
finale  di  abbancamento (intervento alla fine ritenuto inevitabile e
senza   alternative),   si   lega   inscindibilmente,   a  titolo  di
compensazione   ambientale   e  sociale,  la  realizzazione,  con  un
cofinanziamento   statale   (Commissario  di  Governo),  regionale  e
provinciale,   di  un  progetto  di  risanamento  e  riqualificazione
ambientale  infrastrutturale  polifunzionale  (produttiva,  sportiva,
ricreativa) in localita' Tre Ponti di Tufara Valle Montesarchio».
    In  questo  contesto,  in particolare, come si legge alla pag. 13
del  suddetto  accordo  di  programma,  la  Provincia di Benevento e'
impegnata ad acquisire, nel minor tempo possibile, e comunque entro i
termini  stabiliti  per  la  fase preparatoria, ed in ogni caso prima
dell'inizio  di  qualsivoglia  attivita' di conferimento dei rifiuti,
l'intera  area  di  240.000 metri quadri - necessaria per il predetto
«progetto    di    risanamento    e    riqualificazione    ambientale
infrastrutturale polifunzionale (produttiva, sportiva, ricreativa)» -
antecedentemente  all'avvio  di qualsivoglia attivita' di sversamento
rifiuti in localita' "Tre Ponti".
    Da qui il decreto n. 4 del 24 febbraio 2006 - impugnato sub-3) a)
della  rubrica  del ricorso introduttivo - con il quale il Presidente
della  Provincia  di  Benevento  ha  demandato  «al  Commissariato di
Governo   per   l'emergenza   rifiuti   in   Campania   le  procedure
espropriative  riferite alla acquisizione dell'area in localita' "Tre
Ponti"   al  fine  di  realizzare  quanto  previsto  dell'accordo  di
programma   stipulato   in  data  28  ottobre  2005»,  e  cio'  sulla
motivazione  per  cui  «nonostante  i  ripetuti  tentativi di accordo
bonario   con  il  proprietario  dell'area  suddetta,  non  e'  stato
possibile  addivenire  alla  positiva  conclusione  della  trattativa
medesima»,  donde  la  «ravvisata  necessita'  di ricercare soluzioni
alternative  atte  ad  accelerare  le  procedure espropriative di cui
innanzi»  e  la  conclusione per cui «il compito suddetto puo' essere
assolto  dall'on.le  Commissariato di Governo per l'emergenza rifiuti
in Campania, dotato di poteri straordinari».
    Segue,  infine,  l'ordinanza  n. 63  del  27 febbraio 2006 con la
quale  il  Commissario  di  Governo,  «visto  il  decreto n. 4 del 24
febbraio 2006 del Presidente della Provincia di Benevento .... con il
quale  demanda  a questo Commissario delegato l'avvio delle procedure
espropriative»,  approva il piano particellare grafico e descrittivo,
dichiara  la  pubblica  utilita',  indifferibilita'  ed urgenza delle
opere,  stabilisce  i  termini di inizio e compimento della procedura
espropriativa  e  dei  lavori,  autorizza l'occupazione d'urgenza per
cinque  anni,  incarica  il Presidente della Provincia di Benevento a
dare esecuzione al presente provvedimento.
    Avverso  questi  atti  insorge  dunque  in  giudizio  la societa'
Falzarano  Pasquale  S.r.l.,  proprietaria  dell'area  di mq. 240.000
oggetto   della   procedura  espropriativa  de  qua,  destinata  alla
realizzazione   del   «progetto  di  risanamento  e  riqualificazione
ambientale  infrastrutturale  polifunzionale  (produttiva,  sportiva,
ricreativa)»,  della  cui  attuazione  era  stata incaricata, in base
all'accordo  di  programma  del  28  febbraio  2005,  la Provincia di
Benevento,  che  pero'  ha  dato mandato al Commissario straordinario
perche' si avvalesse dei suoi poteri extra ordinem.
    La ricorrente lamenta in primo luogo la violazione delle garanzie
partecipative   di  legge  (nella  specie  a  suo  dire  a  rilevanza
sostanziale  e  non solo formale, stante il carattere discrezionale e
non  vincolato  degli  atti impugnati, donde la irrilevanza del nuovo
art. 21-octies  legge  n. 241 del 1990) e sostiene che, anche a voler
ammettere  che  il Commissario straordinario sia legibus solutus, non
dovrebbero  trovare  applicazione nella fattispecie i suddetti poteri
extra  ordinem  poiche'  il  provvedimento  impugnato  non sarebbe di
pertinenza  del  commissario,  ma  della  provincia,  non riguardando
«opere   dirette   allo   smaltimento   dei   rifiuti,  bensi'  opere
complementari  concordate  tra il commissario e gli enti territoriali
interessati  al  fine  di  superare  le  resistenze opposte da questi
ultimi alla realizzazione di una discarica sui loro territori».
    Contesta  quindi,  parte  ricorrente,  la anomala delega compiuta
dalla  Provincia  di  Benevento in favore del Commissario di Governo,
delega  che  sarebbe  priva  della  necessaria  base  di  legge e che
verterebbe   su   attivita'   estranee  all'ambito  delle  competenze
commissariali.
    Deduce,  infine,  ulteriori  profili  di  censura (nullita' della
dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera per mancata indicazione
dei    fmanziamenti    immediatamente    utilizzabili    e    mancata
identificazione   degli   interventi;   violazione   dell'accordo  di
programma per la mancata previa indicazione di un sito sul territorio
provinciale  ove  realizzare  un'ulteriore  discarica per 450.000 mc;
illegittima   esclusione  dall'accordo  dell'unico  soggetto  privato
proprietario  dei suoli oggetto dell'intervento; illegittimita' delle
ordinanze  di  protezione  civile ex art. 5 legge n. 225 del 1992 per
mancanza   dei   presupposti;   violazione  del  regime  vincolistico
paesaggistico   gravante   sulle   aree   e   mancata  partecipazione
dell'autorita'  competente;  illegittimita' derivata dalle censure di
illegittimita'   dedotte   avverso  l'accordo  di  programma  con  il
precedente ricorso n. 9249/05 Reg. Gen., tuttora pendente).
    Con  produzione depositata alla stessa camera di consiglio del 25
maggio  2006  di trattazione della domanda cautelare si e' costituita
per  resistere in giudizio la Provincia di Benevento, che ha in primo
luogo  eccepito  l'incompetenza  funzionale di questo adito Tribunale
amministrativo  regionale  della  Campania,  per  essere competente a
decidere   della   controversia   in   via   esclusiva  il  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio,  giusta  la  previsione di cui
all'articolo  3,  comma  2-bis,  del  d.l.  30 novembre 2005, n. 245,
recante Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore
dei  rifiuti  nella  Regione  Campania  ed  ulteriori disposizioni in
materia  di  protezione civile, aggiunto in sede di conversione dalla
legge  27  gennaio  2006,  n. 21,  ed ha poi controdedotto nel merito
delle  avverse  doglianze,  concludendo  comunque  per il rigetto del
ricorso di controparte.
    Si e' costituito altresi' in giudizio - ancorche' con mero foglio
di  stile  depositato il 23 maggio 2006 - il Commissario delegato del
Governo  per  l'emergenza  rifiuti  in Campania, per il tramite della
locale Avvocatura distrettuale dello Stato.
    Alla   Camera  di  consiglio  del  25  maggio  2006  la  societa'
ricorrente  ha  depositato,  infine,  brevi note d'udienza in replica
alle eccezioni di controparte.
    Dopo  la  discussione  in  camera di consiglio, la causa e' stata
trattenuta  dal  Collegio  per  la  decisione sulla domanda cautelare
proposta in via incidentale al ricorso introduttivo.
    Il   Collegio,  in  punto  di  sommaria  delibazione  finalizzata
all'accertamento  dei  presupposti  del fumus e del periculum in mora
necessari  per  la  concessione della chiesta tutela cautelare (anche
nelle forme e con gli speciali presupposti di cui all'articolo 23-bis
della  legge  Tribunale amministrativo regionale, come aggiunto dalla
legge  n. 205  del  2005,  per  talune speciali controversie, tra cui
quelle  aventi  ad oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di
occupazione   e   di   espropriazione   delle   aree  destinate  alla
realizzazione  di  opere  pubbliche),  si e' formato il convincimento
della  sussistenza  di una rilevante probabilita' di accoglimento nel
merito  delle  censure  dedotte  in  ricorso, in particolare sotto il
profilo  della  irritualita'  della  sostanziale  delega  di funzioni
disposta  dall'amministrazione  provinciale e della esorbitanza degli
interventi  oggetto  della  procedura  contestata rispetto all'ambito
funzionale  che  delimita  l'eccezionale  attribuzione al Commissario
intimato di poteri straordinari derogatori dell'ordinamento generale.
Con ordinanza cautelare n. 1542/2006 del 25 maggio 2006 la Sezione ha
dunque accolto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati,
ai  sensi dell'art. 23-bis, commi terzo e quinto, della legge n. 1034
del   1971  e  successive  modifiche  e  integrazioni,  ritenendo  la
rilevanza   e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  3, comma 2-bis, del d.l.
n. 245  del  2005,  aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 21
del  2006,  per  i  motivi  che si vanno a specificare nella presente
ordinanza,   deliberata  dal  collegio  contestualmente  al  predetto
provvedimento cautelare.
    Da  qui  la  evidente  rilevanza  della  questione  di competenza
eccepita  dalla  resistente  amministrazione  provinciale (e peraltro
rilevabile   d'ufficio)   in   relazione   al   disposto  del  citato
dell'articolo  3,  comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005, aggiunto in
sede di conversione dalla legge n. 21 del 2006. La norma in questione
ha  stabilito  che  "2-bis.  In  tutte  le  situazioni  di  emergenza
dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  con  sede in Roma" (il successivo comma 2-ter
prevede  che  "Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente motivata al sensi dell'articolo 26 della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge; il comma 2-quater rende le norme di cui al commi 2-bis e 2-ter
applicabili  anche  ai processi in corso e stabilisce che l'efficacia
delle  misure  cautelari  adottate  da  un  tribunale  amministrativo
diverso  da  quello  di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il
ricorso").
    Sempre in punto di rilevanza, parte ricorrente, nelle note finali
d'udienza  ha  tentato  di  evitare  la conseguenza dell'incompetenza
dell'adito  Tribunale  amministrativo regionale campano affermando la
non  applicabilita' alla fattispecie in esame della norma ora citata,
e cio' in considerazione del fatto, in sostanza, che "il Comimissario
ha   emanato   un  provvedimento  in  luogo  della  provincia  e  per
l'esecuzione  di  un  progetto  di riqualificazione ambientale di cui
l'amm.ne  provinciale  assume  e  difende  l'esclusiva  paternita'  e
responsabilita'",  sicche'  non si verterebbe in una delle situazioni
di  emergenza  dichiarate  ai  sensi  dell'articolo 5, comma 1, della
legge  24  febbraio  1992,  n. 225,  che  costituiscono  e delimitano
l'ambito   applicativo   della   norma  del  2006  attributiva  della
competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Il  Collegio non condivide questa difesa e rileva che cio' che e'
determinante, ai fini dell'applicabilita' della normativa speciale di
cui  si  discute,  e'  il  dato  formale  dell'imputazione  dell'atto
all'autorita' che lo ha emanato, ridondando ogni altra considerazione
sulla  imputazione  sostanziale  del procedimento e della funzione in
possibile  censura/vizio  di  legittimita' dell'atto stesso (cio' che
del  resto  parte  ricorrente  ha  dedotto come specifica censura nel
ricorso   introduttivo,   lamentando,  in  modo  giudicato  in  prima
delibazione  sommaria come assistito da consistente fumus boni juris,
l'indebita  delega  di funzione al Commissariato al fine di avvalersi
dei  suoi  poteri  straordinari  per  eludere le regole partecipative
ordinarie). E cio' senza considerare, sul piano sostanziale, il nesso
di  intima  connessione  quasi  sinallagmatica  che lega insieme, nel
quadro   dell'accordo   di   programma   del   28  ottobre  2005,  la
realizzazione   della   discarica   (che   e'  di  sicura  pertinenza
commissariale)   con  la  realizzazione  del  ripetuto  «progetto  di
risanamento    e    riqualificazione    ambientale   infrastrutrurale
polifunzionale  (produttiva,  sportiva,  ricreativa)»  che  interessa
l'area  di  proprieta'  della  ditta  ricorrente  cui si riferisce la
procedura espropriativa oggetto della presente controversia.
    Ora,  poiche'  non  v'e'  dubbio  sul fatto che il Commissario di
Govemo (non importa, a questi fini, quanto legittimamente) ha emanato
il  principale  degli atti impugnati, l'ordinanza commissariale n. 63
del  27  febbraio 2006, spendendo i poteri ed esercitando le funzioni
sue  proprie  di Commissario straordinario per far fronte ex lege 225
del   1992  all'emergenza  socio-economico-ambientale  connessa  alla
gestione dei rifiuti in Campania, altrettanto indubbio deve ritenersi
nel  caso  in  esame il presupposto di applicabilita' della normativa
del  citato  articolo  3,  comma  2-bis,  del  d.l.  n. 245 del 2005,
aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 21 del 2006.
    Dovendo  dunque  fare  applicazione  nel  caso  in  esame di tale
normativa,  occorre  esaminare  - nella sede della delibazione di non
manifesta  infondatezza - la questione di legittimita' costituzionale
sollevata  dalla  parte ricorrente (ancorche' in via subordinata alla
diversa   prospettazione   sopra   esaminata)  della  sottrazione  di
competenza al Tribunale amministrativo regionale territoriale operata
dalla  ripetuta  norma  dell'articolo 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245
del 2005.
    La questione merita peraltro di essere esaminata anche d'ufficio,
stante la gia' avvenuta rimessione alla Consulta di analoga questione
da  parte  del  Tribunale  amministrativo regionale Sicilia, Palermo,
sez.   I,   con   ordinanza   n. 129   (n.  67  Reg.  ord.  Tribunale
amministrativo  regionale  Sicilia,  Palermo)  del  6  marzo 2006 (in
Gazzetta  Ufficiale,  1ª  serie speciale, n. 18 del 3 maggio 2006, 70
ss.),  nonche'  della  sez.  I  di  questo  Tribunale  amministrativo
regionale Campania, sede di Napoli (ord. n. 401 del 5 giugno 2006).
    Il  Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale della norma sopra indicata rispetto agli
artt. 3, 24, 25, 113 e 125 della Costituzione.
    Il  percorso  logico  che  conduce  al  giudizio di non manifesta
infondatezza e' in sintesi il seguente:
        1)  la  norma  deroga  al  normale  criterio di riparto della
competenza  per territorio dinanzi al giudice amministrativo di primo
grado stabilito dagli articoli 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971;
        2)  questa  deroga  si  traduce  in un aggravio significativo
nella  tutela  del  cittadino  (art. 24  Cost.),  interferisce con il
principio  del  giudice  naturale (art. 25 Cost), si pone dunque come
una    differenziazione    limitativa   del   regime   ordinario   di
impugnabilita'  degli atti (art. 113 Cost.), ridonda in disparita' di
trattamento  (art. 3  Cost.), incide negativamente sulla regola della
ordinaria   distribuzione   territoriale  regionale  della  giustizia
amministrativa di primo grado (art. 125 Cost.);
        3)  questa  deroga  - che incide negativamente sugli indicati
valori   costituzionali  -  non  e'  sorretta  da  alcuna  plausibile
giustificazione   logica,   ne'   tanto   meno  appare  diretta  alla
salvaguardia   di   valori   costituzionalmente   protetti   tali  da
giustificare  la  compressione  di  quelli,  sopra  enunciati, che ne
risultano pregiudicati;
        4)  la norma in questione presenta dunque evidenti profili di
incostituzionalita',  per  violazione  degli  evocati parametri della
Legge fondamentale, nonche' per eccesso di potere legislativo, per la
manifesta irrazionalita' della scelta normativa.
    Piu' in dettaglio:
        1)  La  norma  deroga  al  normale  criterio di riparto della
competenza  per territorio dinanzi al giudice amministrativo di primo
grado  come  stabilita  dagli  articoli 2 e 3 della legge n. 1034 del
1971    (sede   dell'autorita'   emanante   ed   efficacia   spaziale
infraregionale   dell'atto).   Come  bene  evidenziato  dalla  citata
ordinanza  del  Tribunale amministrativo regionale di Napoli, sez. I,
n. 401  del  2006,  le  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi
dell'articolo  5,  comma  1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il
cui  ambito  spaziale  delimita  l'area di applicabilita' della norma
derogatoria  sulla  competenza  di  cui si discute, si caratterizzano
nella  quasi  totalita' dei casi (e cosi' avviene pacificamente nella
controversia  a  qua  in  esame)  per essere spazialmente delimitate,
giusta   l'apposita   delibera   del   Consiglio   dei   ministri  di
dichiarazione  dello  stato  di  emergenza,  entro  i  confini di una
singola  e  determinata  regione  (cosi'  e'  per le dichiarazioni di
emergenza  socio-economico-ambientale  per la gestione dei rifiuti in
Campania  e  cosi' quasi sempre avviene per analoghe vicende di altre
regioni;  lo stesso dicasi per le emergenze idrogeologiche o connesse
alla  gestione  del  ciclo delle acque, nonche' a maggior ragione per
tutte  le  ipotesi  emergenziali legate a specifici disastri naturali
non direttamente provocati dall'uomo).
    L'organo statale straordinario costituente lo strumento operativo
attuativo  dei rimedi allo stato di emergenza acclarato dal Consiglio
dei  ministri  presenta  conseguentemente una competenza spazialmente
delimitata  entro  ambiti  territoriali regionali (di regola, come e'
avvenuto  per un lungo lasso di tempo nel caso dell'emergenza rifiuti
della  Campania, le funzioni commissariali sono state attribuite allo
stesso  soggetto  titolare  pro  tempore dell'organo di vertice della
regione colpita, oppure, come e' nel caso oggetto di lite, ad uno dei
prefetti delle province interessate dalla crisi).
    I provvedimenti emanati da questo organo straordinario, ancorche'
connotati  da  poteri  extra  ordinem, presentano conseguentemente, a
loro   volta,   un  ambito  di  efficacia  spaziale  territorialmente
delimitato  a  dimensione  infraregionale.  E'  dunque  da  escludere
senz'altro  che  la  logica sottesa alla norma in contestazione possa
conciliarsi  con  la  regola consacrata negli artt. 2 e 3 della legge
Tribunale  amministrativo  regionale  del  1971  e  che  possa  cioe'
rinvenirsi  nella  frequenza  di  casi  di  efficacia  sovraregionale
dell'ambito  di operativita' dei commissari straordinari nominati per
far   fronte   a   situazioni   di   emergenza  dichiarate  ai  sensi
dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
        2)  Questa  deroga  si  traduce  in un aggravio significativo
nella tutela del cittadino (art. 24 Cost.), urta con il principio del
giudice  naturale  precostituito  per  legge (art. 25 Cost.), si pone
dunque  come  una differenziazione limitativa del regime ordinario di
impugnabilita'  degli  atti (art. 113 Cost), ridonda in disparita' di
trattamento  (art. 3  Cost.), incide negativamente sulla regola della
ordinaria   distribuzione   territoriale  regionale  della  giustizia
amministrativa  di  primo  grado  (art. 125  Cost.). Non v'e' dubbio,
invero,  sul fatto che il soggetto leso da una ordinanza emergenziale
di   protezione   civile   e/o  da  un  consequenziale  provvedimento
commissariale,  costretto  a  rivolgersi  al Tribunale amministrativo
regionale avente sede in Roma, a differenza di quanto accade in tutti
gli  altri  casi  di  atti  ad  efficacia  spaziale  infraregionale o
promananti   da   autorita'  aventi  sede  nella  circoscrizione  del
tribunale  amministrativo regionale, si vede per cio' solo gravato di
oneri  economici  e  logistici sicuramente maggiori, tali da incidere
sensibilmente   (in   negativo)   sul   diritto   di  difesa  sancito
dall'art. 24  Cost.,  con  conseguente  incidenza  sul  principio  di
eguaglianza  di cui all'art. 3 Cost., e cio' in base a una previsione
derogatoria   del  principio  di  territorialita'  regionale  sancito
dall'art. 125  della  Carta  fondamentale. In ordine al parametro del
giudice  naturale  precostituito  per  legge  di  cui all'articolo 25
Cost.,  il  vulnus  al  suddetto  canone  e'  inferto, a giudizio del
Collegio,  ancorche'  la  norma de qua sembri obbedire formalmente al
criterio  della  precostituzione per legge del giudice competente: ed
invero,  come si chiarira' meglio sub punto 3), la generalizzazione a
priori,  con legge generale e astratta, di una sorta, per cosi' dire,
di  "legittima  suspicione" derogatoria della competenza territoriale
ordinaria,  finisce  per alterare, con eccesso di potere legislativo,
la regola fondamentale del diritto processuale per cui il sospetto di
condizionamento  del  giudice va verificato nel singolo caso concreto
come eccezione che conferma la regola di competenza territoriale.
    A  cio'  si aggiunga la condivisibile considerazione svolta nella
citata  ordinanza  n. 401  del  2006 della sez. I di questo Tribunale
amministrativo regionale, che questo Collegio fa propria, secondo cui
«la   formula   "giudice   naturale  precostituito"  non  rappresenta
un'endiadi, ma fonda la necessita' che la precostituzione del giudice
ad  opera  del  legislatore  avvenga  nel rispetto di un principio di
naturalita',  nel  senso  di  razionale maggior idoneita' del giudice
rispetto alla risoluzione di determinate controversie».
        3)  Questa  deroga  - che incide negativamente sugli indicati
valori   costituzionali  -  non  e'  sorretta  da  alcuna  plausibile
giustificazione   logica,   ne'   tanto   meno  appare  diretta  alla
salvaguardia   di   valori   costituzionalmente   protetti   tali  da
giustificare  la  compressione  di  quelli,  sopra  enunciati, che ne
risultano  pregiudicati.  Come gia' bene evidenziato nella richiamata
ordinanza di rimessione degli atti alla Corte del 6 marzo 2006 emessa
dal  Tribunale  amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, sez.
I, n. 67/2006, «nel nostro sistema non esiste una differenziazione di
competenza  tra  i  diversi  tribunali  amministrativi  regionali  in
dipendenza  della  maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso
al provvedimento impugnato».
    Inoltre,  a  sostegno della logicita' della scelta legislativa in
esame   non  possono  essere  addotte  le  ragioni  -  gia'  valutate
costituzionali  dal  Giudice delle leggi (sentenza n. 189 del 1992) -
poste a base della previsione della speciale competenza esclusiva del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio per l'impugnazione degli
atti  del  C.S.M. (art. 4 della legge n. 74 del 1990), che si pongono
peraltro   in   deroga   non   gia'   rispetto   ai  canoni  generali
dell'efficacia   spaziale   dell'atto  e  della  sede  dell'autorita'
emanante, bensi' del solo criterio (anch'esso speciale) della sede di
lavoro del ricorrente.
    Non  possono  neppure  essere richiamate le ragioni che sono alla
base  delle  recenti  norme in tema di giustizia sportiva (art. 3 del
d.l.  19 agosto 2003, n. 220, recante Disposizioni urgenti in materia
di  giustizia sportiva, convertito in legge, con modificazioni, dalla
legge  17  ottobre  2003, n. 280), in base alle quali le controversie
aventi  ad  oggetto  atti  del  Comitato  280), in base alle quali le
controversie  aventi  ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale
italiano  o  delle Federazioni sportive, non riservate agli organi di
giustizia dell'ordinamento sportivo, sono devolute alla giurisdizione
esclusiva   del   giudice  amministrativo  con  la  previsione  della
competenza di primo grado in via esclusiva, anche per l'emanazione di
misure  cautelari,  del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio
con sede in Roma.
    Queste  norme  (della  cui  costituzionalita' sarebbe comunque in
astratto  lecito  dubitare)  presentano  infatti  una loro intrinseca
conciliabilita'  con  la  regola generale di riparto della competenza
territoriale  consacrato  nei  citati  articoli  2  e  3  della legge
Tribunale  amministrativo  regionale  del  1971  (atteso  che sovente
queste  controversie  investono atti emanati da enti nazionali, quali
il Coni e le Federazioni sportive nazionali, intese in parte qua come
organi  del  Coni,  aventi  efficacia  spaziale  nazionale, ogni qual
volta,  ad  esempio,  incidano su manifestazioni sportive nazionali o
ultraregionali)  e trovano peraltro una loro base di plausibilita' in
un  fumus  di "legittima suspicione" rispetto al giudice territoriale
indotta  da  notori,  diffusi  ed  assai  gravi fenomeni di turbativa
dell'ordine pubblico posti in essere dalle tifoserie locali.
    Nulla  di tutto questo appare riferibile al caso in esame in cui,
pur  essendo  in taluni casi (comunque eccezionali) intervenute forti
tensioni  sociali,  soprattutto  in  relazione alla localizzazione di
interventi ad elevato impatto ambientale (per il fattore c.d. nimby),
e'  stato  tuttavia  possibile  di  regola  rinvenire negli strumenti
ordinamentali  di  inchiesta pubblica e di partecipazione democratica
soluzioni  fisiologiche  sui  piano  procedimentale e provvedimentale
(nel  caso  in  esame, come ricordato nella esposizione del fatto, le
forti  tensioni  sociali  verificatesi in relazione al problema della
"provincializzazione"  dei  rifiuti e alla necessita' di reperire con
urgenza  un  sito  di  stoccaggio  di  rifiuti,  hanno trovato infine
adeguata  composizione  negli  strumenti  dell'accordo di programma e
della partecipazione democratica alle scelte ambientali pubbliche).
    Comunque,  ad  avviso del Collegio, il metodo dell'allontanamento
dal  territorio  delle  controversie che in esso si sono generate, se
immotivatamente generalizzato (invero tutte le liti possono suscitare
tensioni  sociali),  si  pone  in contrasto con gli articoli 25 della
Costituzione  (per  quanto  gia'  osservato sub punto 2), nonche' con
l'articolo  125  della  Costituzione,  in base al quale nella Regione
sono  istituiti  organi  di  giustizia amministrativa di primo grado,
secondo  l'ordinamento  stabilito  da  legge  della  Repubblica,  che
esprime   un   profilo  attuativo  degli  articoli  24  e  113  della
Costituzione  nel  senso  dell'apprestamento  di  organi di giustizia
amministrativa  distribuiti  sul  territorio  secondo  un criterio di
vicinanza e di accessibilita' per il cittadino (l'evidenziato profilo
di   contrasto   sussiste,   ad   avviso   del   Collegio,  pur  dopo
l'abrogazione, ad opera dell'articolo 9 della legge costituzionale 18
ottobre  2001,  n. 3,  del  primo  comma del suddetto articolo poteva
essere   letta   come  un  ancoraggio  troppo  stretto  al  controllo
giurisdizionale degli atti degli organi regionali).
    Un  siffatto  metodo  di sottrazione a priori al giudice naturale
territorialmente   competente   di  interi  settori  di  controversie
definiti  secondo un criterio per materia astratto e generale finisce
per sovvertire il principio processualistico generale della legittima
suspicione  come eccezione che conferma la regola che va verificata e
motivata nei singoli casi concreti.
        4)  In  conclusione,  la norma in questione presenta evidenti
profili   di   incostituzionalita',   per  violazione  degli  evocati
parametri  della  Legge  fondamentale,  nonche' per eccesso di potere
legislativo, per la manifesta irrazionalita' della scelta normativa.
    Ne  segue  la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti
alla Corte costituzionale per la conseguente decisione.