IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 3230/2006 Reg. Gen., proposto dalla Falzarano Pasquale S.r.l., in persona legale rappresentante pro tempore, ing. Giorgio Falzarano, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Verde e Luciana Verde, con domicilio eletto in Napoli alla via Giuseppe Martucci 48; Contro il Commissario delegato del Governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio, ex lege, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, ope legis, in Napoli alla via Diaz 11; nonche' la Provincia di Benevento, in persona del Presidente pro tempore della giunta provinciale, rappresentata e difesa dagli avv. Vincenzo Catalano e Lucio Coletta, con domicilio eletto in Napoli alla via D'Annibale 28, presso lo studio di quest'ultimo; e il dirigente pro tempore del Settore edilizia e patrimonio, Ufficio espropri della Provincia di Benevento, ing. Valentino Melillo, domiciliato per la carica in Benevento alla piazza G. Carducci, presso la sede legale dell'ente, non costituito; il R.U.P. (Responsabile Unico del Procedimento) e Dirigente del Settore pianificazione territoriale della Provincia di Benevento, ing. Angelo D'Angelo, domiciliato per la carica in Benevento alla piazza G. Carducci, presso la sede legale dell'ente, non costituito; per l'annullamento, previa sospensione, «1) dell'avviso della Provincia di Benevento, Settore edilizia e patrimonio, Ufficio espropri prot. 1999 del 10 marzo 2006, a firma del dirigente del Settore ing. V. Melillo e del Responsabile del Procedimento ing. A. D'Angelo, avente a oggetto "ordinanza n. 63 del 27 febbraio 2006 del Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania" e con la quale si notificava l'ordinanza n. 63/06, il piano grafico e quello descrittivo, si preannunciava la presa di possesso e lo stato di consistenza, si offriva l'indennita' di esproprio determinata in via provvisoria, si diffidava il destinatario a far trovare gli immobili liberi da persone e cose; 2) dell'ordinanza del Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania n. 63 del 27 febbraio 2006; 3) di tutti gli ulteriori atti preordinati, connessi e conseguenti, tra i quali, per cio' che risulta nel preambolo dell'ordinanza n. 63/2006 e con espressa riserva di motivi aggiunti, non essendo direttamente conosciuti dalla ricorrente, assumono peculiare rilievo: a) il decreto del Presidente della Provincia di Benevento n. 4 del 24 febbraio 2006, con cui si demandava al Commissario delegato l'avvio delle procedure espropriative riferite alla acquisizione dell'area di circa 240.000 mq, secondo quanto previsto nell'Accordo di Programma del 28 ottobre 2005 (gia' impugnato al Tribunale amministrativo regionale Campania-Napoli nel procedimento R.G. 9249/2005) ai fini della realizzazione di un progetto di "Lavori di risanamento ambientale, infrastrutturale, polifunzionale in loc. Tre Ponti di Tufara Valle di Montesarchio"; b) il Piano particellare di esproprio grafico e descrittivo allegato al decreto n. 4/06 cit.; c) la delibera di giunta provinciale n. 700 del 23 settembre 2005 di approvazione del progetto di "Idea Progetto di risanamento e riqualficazione ambientale infrastrutturale polifunzionale in localita' Tre Ponti di Tufara Valle di Montesarchio"»; Visti il ricorso ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania e della Provincia di Benevento, con le annesse produzioni; Vista l'ordinanza cautelare n. 1542/2006 del 25 maggio 2006 con la quale la sezione ha accolto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, ai sensi dell'art. 23-bis, comnii terzo e quinto, della legge n. 1034 del 1971 e successive modifiche e integrazioni; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa; Uditi alla camera di consiglio del 25 maggio 2006 - relatore il magistrato dott. Carpentieri - gli avv. riportati a verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: F a t t o e d i r i t t o Con ricorso notificato il 2 maggio 2006 e depositato in segreteria il successivo giorno 10, la societa' Falzarano Pasquale S.r.l., proprietaria di una vasta area ricadente nel territorio del Comune di Montesarchio, riportata in catasto ai ff. 24 e 25, meglio precisata in atti, gia' interessata da attivita' estrattiva di cava, impugna gli atti riportati in epigrafe con i quali le Autorita' emananti procedono all'avvio della procedura espropriativa e all'occupazione d'urgenza (con determinazione della data di immissione in possesso e contestuale redazione dello stato di consistenza degli immobili occupati) in attuazione delle previsioni dell'accordo di programma stipulato il 28 ottobre 2005 tra la Regione Campania, la Provincia di Benevento, il Comune di Montesarchio e il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania per la realizzazione della discarica e per la riqualificazione ambientale dell'area "Tre Ponti" del Comune di Montesarchio. L'accordo di programma del 28 ottobre 2005 (peraltro impugnato dalla medesima societa' ricorrente dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale con precedente ricorso iscritto al n. 9249/05 reg. gen., tuttora pendente) ha chiuso un'annosa e complessa procedura nata con l'emanazione dell'ordinanza commissariale n. 319 del 7 dicembre 2004 di approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione dell'intervento di ricomposizione morfologica della cava in attivita' in localita' Tora del Comune di Montesarchio con l'utilizzo di FOS e dei sovvalli provenienti da impianti di produzione di c.d.r. L'opposizione delle comunita' locali interessate dall'intervento ha dato luogo a una lunga fase di negoziazione - svoltasi sia a livello regionale che di governo centrale - in ordine alla localizzazione dell'impianto, nell'ambito della piu' complessa problematica della cd. "provincializzazione" dei rifiuti in Campania (fenomeno per cui le province dell'entroterra appenninico devono gravarsi a titolo di solidarieta' di quote di smaltimento dei rifiuti prodotti dalle piu' popolose e degradate aree urbane costiere). Alla fine di tutto cio', si e' pervenuti al suddetto accordo del 28 ottobre 2005, i cui termini essenziali possono cosi' sintetizzarsi: alla realizzazione di una discarica nel sito "Tre Ponti" del Comune di Montesarchio per la durata massima di sei mesi e per un volume di rifiuti non superiore a 400.000 mc di volumetria finale di abbancamento (intervento alla fine ritenuto inevitabile e senza alternative), si lega inscindibilmente, a titolo di compensazione ambientale e sociale, la realizzazione, con un cofinanziamento statale (Commissario di Governo), regionale e provinciale, di un progetto di risanamento e riqualificazione ambientale infrastrutturale polifunzionale (produttiva, sportiva, ricreativa) in localita' Tre Ponti di Tufara Valle Montesarchio». In questo contesto, in particolare, come si legge alla pag. 13 del suddetto accordo di programma, la Provincia di Benevento e' impegnata ad acquisire, nel minor tempo possibile, e comunque entro i termini stabiliti per la fase preparatoria, ed in ogni caso prima dell'inizio di qualsivoglia attivita' di conferimento dei rifiuti, l'intera area di 240.000 metri quadri - necessaria per il predetto «progetto di risanamento e riqualificazione ambientale infrastrutturale polifunzionale (produttiva, sportiva, ricreativa)» - antecedentemente all'avvio di qualsivoglia attivita' di sversamento rifiuti in localita' "Tre Ponti". Da qui il decreto n. 4 del 24 febbraio 2006 - impugnato sub-3) a) della rubrica del ricorso introduttivo - con il quale il Presidente della Provincia di Benevento ha demandato «al Commissariato di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania le procedure espropriative riferite alla acquisizione dell'area in localita' "Tre Ponti" al fine di realizzare quanto previsto dell'accordo di programma stipulato in data 28 ottobre 2005», e cio' sulla motivazione per cui «nonostante i ripetuti tentativi di accordo bonario con il proprietario dell'area suddetta, non e' stato possibile addivenire alla positiva conclusione della trattativa medesima», donde la «ravvisata necessita' di ricercare soluzioni alternative atte ad accelerare le procedure espropriative di cui innanzi» e la conclusione per cui «il compito suddetto puo' essere assolto dall'on.le Commissariato di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, dotato di poteri straordinari». Segue, infine, l'ordinanza n. 63 del 27 febbraio 2006 con la quale il Commissario di Governo, «visto il decreto n. 4 del 24 febbraio 2006 del Presidente della Provincia di Benevento .... con il quale demanda a questo Commissario delegato l'avvio delle procedure espropriative», approva il piano particellare grafico e descrittivo, dichiara la pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza delle opere, stabilisce i termini di inizio e compimento della procedura espropriativa e dei lavori, autorizza l'occupazione d'urgenza per cinque anni, incarica il Presidente della Provincia di Benevento a dare esecuzione al presente provvedimento. Avverso questi atti insorge dunque in giudizio la societa' Falzarano Pasquale S.r.l., proprietaria dell'area di mq. 240.000 oggetto della procedura espropriativa de qua, destinata alla realizzazione del «progetto di risanamento e riqualificazione ambientale infrastrutturale polifunzionale (produttiva, sportiva, ricreativa)», della cui attuazione era stata incaricata, in base all'accordo di programma del 28 febbraio 2005, la Provincia di Benevento, che pero' ha dato mandato al Commissario straordinario perche' si avvalesse dei suoi poteri extra ordinem. La ricorrente lamenta in primo luogo la violazione delle garanzie partecipative di legge (nella specie a suo dire a rilevanza sostanziale e non solo formale, stante il carattere discrezionale e non vincolato degli atti impugnati, donde la irrilevanza del nuovo art. 21-octies legge n. 241 del 1990) e sostiene che, anche a voler ammettere che il Commissario straordinario sia legibus solutus, non dovrebbero trovare applicazione nella fattispecie i suddetti poteri extra ordinem poiche' il provvedimento impugnato non sarebbe di pertinenza del commissario, ma della provincia, non riguardando «opere dirette allo smaltimento dei rifiuti, bensi' opere complementari concordate tra il commissario e gli enti territoriali interessati al fine di superare le resistenze opposte da questi ultimi alla realizzazione di una discarica sui loro territori». Contesta quindi, parte ricorrente, la anomala delega compiuta dalla Provincia di Benevento in favore del Commissario di Governo, delega che sarebbe priva della necessaria base di legge e che verterebbe su attivita' estranee all'ambito delle competenze commissariali. Deduce, infine, ulteriori profili di censura (nullita' della dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera per mancata indicazione dei fmanziamenti immediatamente utilizzabili e mancata identificazione degli interventi; violazione dell'accordo di programma per la mancata previa indicazione di un sito sul territorio provinciale ove realizzare un'ulteriore discarica per 450.000 mc; illegittima esclusione dall'accordo dell'unico soggetto privato proprietario dei suoli oggetto dell'intervento; illegittimita' delle ordinanze di protezione civile ex art. 5 legge n. 225 del 1992 per mancanza dei presupposti; violazione del regime vincolistico paesaggistico gravante sulle aree e mancata partecipazione dell'autorita' competente; illegittimita' derivata dalle censure di illegittimita' dedotte avverso l'accordo di programma con il precedente ricorso n. 9249/05 Reg. Gen., tuttora pendente). Con produzione depositata alla stessa camera di consiglio del 25 maggio 2006 di trattazione della domanda cautelare si e' costituita per resistere in giudizio la Provincia di Benevento, che ha in primo luogo eccepito l'incompetenza funzionale di questo adito Tribunale amministrativo regionale della Campania, per essere competente a decidere della controversia in via esclusiva il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, giusta la previsione di cui all'articolo 3, comma 2-bis, del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, recante Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile, aggiunto in sede di conversione dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, ed ha poi controdedotto nel merito delle avverse doglianze, concludendo comunque per il rigetto del ricorso di controparte. Si e' costituito altresi' in giudizio - ancorche' con mero foglio di stile depositato il 23 maggio 2006 - il Commissario delegato del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, per il tramite della locale Avvocatura distrettuale dello Stato. Alla Camera di consiglio del 25 maggio 2006 la societa' ricorrente ha depositato, infine, brevi note d'udienza in replica alle eccezioni di controparte. Dopo la discussione in camera di consiglio, la causa e' stata trattenuta dal Collegio per la decisione sulla domanda cautelare proposta in via incidentale al ricorso introduttivo. Il Collegio, in punto di sommaria delibazione finalizzata all'accertamento dei presupposti del fumus e del periculum in mora necessari per la concessione della chiesta tutela cautelare (anche nelle forme e con gli speciali presupposti di cui all'articolo 23-bis della legge Tribunale amministrativo regionale, come aggiunto dalla legge n. 205 del 2005, per talune speciali controversie, tra cui quelle aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche), si e' formato il convincimento della sussistenza di una rilevante probabilita' di accoglimento nel merito delle censure dedotte in ricorso, in particolare sotto il profilo della irritualita' della sostanziale delega di funzioni disposta dall'amministrazione provinciale e della esorbitanza degli interventi oggetto della procedura contestata rispetto all'ambito funzionale che delimita l'eccezionale attribuzione al Commissario intimato di poteri straordinari derogatori dell'ordinamento generale. Con ordinanza cautelare n. 1542/2006 del 25 maggio 2006 la Sezione ha dunque accolto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, ai sensi dell'art. 23-bis, commi terzo e quinto, della legge n. 1034 del 1971 e successive modifiche e integrazioni, ritenendo la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005, aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 21 del 2006, per i motivi che si vanno a specificare nella presente ordinanza, deliberata dal collegio contestualmente al predetto provvedimento cautelare. Da qui la evidente rilevanza della questione di competenza eccepita dalla resistente amministrazione provinciale (e peraltro rilevabile d'ufficio) in relazione al disposto del citato dell'articolo 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005, aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 21 del 2006. La norma in questione ha stabilito che "2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma" (il successivo comma 2-ter prevede che "Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata al sensi dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge; il comma 2-quater rende le norme di cui al commi 2-bis e 2-ter applicabili anche ai processi in corso e stabilisce che l'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso"). Sempre in punto di rilevanza, parte ricorrente, nelle note finali d'udienza ha tentato di evitare la conseguenza dell'incompetenza dell'adito Tribunale amministrativo regionale campano affermando la non applicabilita' alla fattispecie in esame della norma ora citata, e cio' in considerazione del fatto, in sostanza, che "il Comimissario ha emanato un provvedimento in luogo della provincia e per l'esecuzione di un progetto di riqualificazione ambientale di cui l'amm.ne provinciale assume e difende l'esclusiva paternita' e responsabilita'", sicche' non si verterebbe in una delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che costituiscono e delimitano l'ambito applicativo della norma del 2006 attributiva della competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Il Collegio non condivide questa difesa e rileva che cio' che e' determinante, ai fini dell'applicabilita' della normativa speciale di cui si discute, e' il dato formale dell'imputazione dell'atto all'autorita' che lo ha emanato, ridondando ogni altra considerazione sulla imputazione sostanziale del procedimento e della funzione in possibile censura/vizio di legittimita' dell'atto stesso (cio' che del resto parte ricorrente ha dedotto come specifica censura nel ricorso introduttivo, lamentando, in modo giudicato in prima delibazione sommaria come assistito da consistente fumus boni juris, l'indebita delega di funzione al Commissariato al fine di avvalersi dei suoi poteri straordinari per eludere le regole partecipative ordinarie). E cio' senza considerare, sul piano sostanziale, il nesso di intima connessione quasi sinallagmatica che lega insieme, nel quadro dell'accordo di programma del 28 ottobre 2005, la realizzazione della discarica (che e' di sicura pertinenza commissariale) con la realizzazione del ripetuto «progetto di risanamento e riqualificazione ambientale infrastrutrurale polifunzionale (produttiva, sportiva, ricreativa)» che interessa l'area di proprieta' della ditta ricorrente cui si riferisce la procedura espropriativa oggetto della presente controversia. Ora, poiche' non v'e' dubbio sul fatto che il Commissario di Govemo (non importa, a questi fini, quanto legittimamente) ha emanato il principale degli atti impugnati, l'ordinanza commissariale n. 63 del 27 febbraio 2006, spendendo i poteri ed esercitando le funzioni sue proprie di Commissario straordinario per far fronte ex lege 225 del 1992 all'emergenza socio-economico-ambientale connessa alla gestione dei rifiuti in Campania, altrettanto indubbio deve ritenersi nel caso in esame il presupposto di applicabilita' della normativa del citato articolo 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005, aggiunto in sede di conversione dalla legge n. 21 del 2006. Dovendo dunque fare applicazione nel caso in esame di tale normativa, occorre esaminare - nella sede della delibazione di non manifesta infondatezza - la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla parte ricorrente (ancorche' in via subordinata alla diversa prospettazione sopra esaminata) della sottrazione di competenza al Tribunale amministrativo regionale territoriale operata dalla ripetuta norma dell'articolo 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005. La questione merita peraltro di essere esaminata anche d'ufficio, stante la gia' avvenuta rimessione alla Consulta di analoga questione da parte del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Palermo, sez. I, con ordinanza n. 129 (n. 67 Reg. ord. Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Palermo) del 6 marzo 2006 (in Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 18 del 3 maggio 2006, 70 ss.), nonche' della sez. I di questo Tribunale amministrativo regionale Campania, sede di Napoli (ord. n. 401 del 5 giugno 2006). Il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma sopra indicata rispetto agli artt. 3, 24, 25, 113 e 125 della Costituzione. Il percorso logico che conduce al giudizio di non manifesta infondatezza e' in sintesi il seguente: 1) la norma deroga al normale criterio di riparto della competenza per territorio dinanzi al giudice amministrativo di primo grado stabilito dagli articoli 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971; 2) questa deroga si traduce in un aggravio significativo nella tutela del cittadino (art. 24 Cost.), interferisce con il principio del giudice naturale (art. 25 Cost), si pone dunque come una differenziazione limitativa del regime ordinario di impugnabilita' degli atti (art. 113 Cost.), ridonda in disparita' di trattamento (art. 3 Cost.), incide negativamente sulla regola della ordinaria distribuzione territoriale regionale della giustizia amministrativa di primo grado (art. 125 Cost.); 3) questa deroga - che incide negativamente sugli indicati valori costituzionali - non e' sorretta da alcuna plausibile giustificazione logica, ne' tanto meno appare diretta alla salvaguardia di valori costituzionalmente protetti tali da giustificare la compressione di quelli, sopra enunciati, che ne risultano pregiudicati; 4) la norma in questione presenta dunque evidenti profili di incostituzionalita', per violazione degli evocati parametri della Legge fondamentale, nonche' per eccesso di potere legislativo, per la manifesta irrazionalita' della scelta normativa. Piu' in dettaglio: 1) La norma deroga al normale criterio di riparto della competenza per territorio dinanzi al giudice amministrativo di primo grado come stabilita dagli articoli 2 e 3 della legge n. 1034 del 1971 (sede dell'autorita' emanante ed efficacia spaziale infraregionale dell'atto). Come bene evidenziato dalla citata ordinanza del Tribunale amministrativo regionale di Napoli, sez. I, n. 401 del 2006, le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il cui ambito spaziale delimita l'area di applicabilita' della norma derogatoria sulla competenza di cui si discute, si caratterizzano nella quasi totalita' dei casi (e cosi' avviene pacificamente nella controversia a qua in esame) per essere spazialmente delimitate, giusta l'apposita delibera del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, entro i confini di una singola e determinata regione (cosi' e' per le dichiarazioni di emergenza socio-economico-ambientale per la gestione dei rifiuti in Campania e cosi' quasi sempre avviene per analoghe vicende di altre regioni; lo stesso dicasi per le emergenze idrogeologiche o connesse alla gestione del ciclo delle acque, nonche' a maggior ragione per tutte le ipotesi emergenziali legate a specifici disastri naturali non direttamente provocati dall'uomo). L'organo statale straordinario costituente lo strumento operativo attuativo dei rimedi allo stato di emergenza acclarato dal Consiglio dei ministri presenta conseguentemente una competenza spazialmente delimitata entro ambiti territoriali regionali (di regola, come e' avvenuto per un lungo lasso di tempo nel caso dell'emergenza rifiuti della Campania, le funzioni commissariali sono state attribuite allo stesso soggetto titolare pro tempore dell'organo di vertice della regione colpita, oppure, come e' nel caso oggetto di lite, ad uno dei prefetti delle province interessate dalla crisi). I provvedimenti emanati da questo organo straordinario, ancorche' connotati da poteri extra ordinem, presentano conseguentemente, a loro volta, un ambito di efficacia spaziale territorialmente delimitato a dimensione infraregionale. E' dunque da escludere senz'altro che la logica sottesa alla norma in contestazione possa conciliarsi con la regola consacrata negli artt. 2 e 3 della legge Tribunale amministrativo regionale del 1971 e che possa cioe' rinvenirsi nella frequenza di casi di efficacia sovraregionale dell'ambito di operativita' dei commissari straordinari nominati per far fronte a situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 2) Questa deroga si traduce in un aggravio significativo nella tutela del cittadino (art. 24 Cost.), urta con il principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), si pone dunque come una differenziazione limitativa del regime ordinario di impugnabilita' degli atti (art. 113 Cost), ridonda in disparita' di trattamento (art. 3 Cost.), incide negativamente sulla regola della ordinaria distribuzione territoriale regionale della giustizia amministrativa di primo grado (art. 125 Cost.). Non v'e' dubbio, invero, sul fatto che il soggetto leso da una ordinanza emergenziale di protezione civile e/o da un consequenziale provvedimento commissariale, costretto a rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale avente sede in Roma, a differenza di quanto accade in tutti gli altri casi di atti ad efficacia spaziale infraregionale o promananti da autorita' aventi sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale, si vede per cio' solo gravato di oneri economici e logistici sicuramente maggiori, tali da incidere sensibilmente (in negativo) sul diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., con conseguente incidenza sul principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., e cio' in base a una previsione derogatoria del principio di territorialita' regionale sancito dall'art. 125 della Carta fondamentale. In ordine al parametro del giudice naturale precostituito per legge di cui all'articolo 25 Cost., il vulnus al suddetto canone e' inferto, a giudizio del Collegio, ancorche' la norma de qua sembri obbedire formalmente al criterio della precostituzione per legge del giudice competente: ed invero, come si chiarira' meglio sub punto 3), la generalizzazione a priori, con legge generale e astratta, di una sorta, per cosi' dire, di "legittima suspicione" derogatoria della competenza territoriale ordinaria, finisce per alterare, con eccesso di potere legislativo, la regola fondamentale del diritto processuale per cui il sospetto di condizionamento del giudice va verificato nel singolo caso concreto come eccezione che conferma la regola di competenza territoriale. A cio' si aggiunga la condivisibile considerazione svolta nella citata ordinanza n. 401 del 2006 della sez. I di questo Tribunale amministrativo regionale, che questo Collegio fa propria, secondo cui «la formula "giudice naturale precostituito" non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che la precostituzione del giudice ad opera del legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalita', nel senso di razionale maggior idoneita' del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie». 3) Questa deroga - che incide negativamente sugli indicati valori costituzionali - non e' sorretta da alcuna plausibile giustificazione logica, ne' tanto meno appare diretta alla salvaguardia di valori costituzionalmente protetti tali da giustificare la compressione di quelli, sopra enunciati, che ne risultano pregiudicati. Come gia' bene evidenziato nella richiamata ordinanza di rimessione degli atti alla Corte del 6 marzo 2006 emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, sez. I, n. 67/2006, «nel nostro sistema non esiste una differenziazione di competenza tra i diversi tribunali amministrativi regionali in dipendenza della maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso al provvedimento impugnato». Inoltre, a sostegno della logicita' della scelta legislativa in esame non possono essere addotte le ragioni - gia' valutate costituzionali dal Giudice delle leggi (sentenza n. 189 del 1992) - poste a base della previsione della speciale competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio per l'impugnazione degli atti del C.S.M. (art. 4 della legge n. 74 del 1990), che si pongono peraltro in deroga non gia' rispetto ai canoni generali dell'efficacia spaziale dell'atto e della sede dell'autorita' emanante, bensi' del solo criterio (anch'esso speciale) della sede di lavoro del ricorrente. Non possono neppure essere richiamate le ragioni che sono alla base delle recenti norme in tema di giustizia sportiva (art. 3 del d.l. 19 agosto 2003, n. 220, recante Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280), in base alle quali le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato 280), in base alle quali le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive, non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la previsione della competenza di primo grado in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Queste norme (della cui costituzionalita' sarebbe comunque in astratto lecito dubitare) presentano infatti una loro intrinseca conciliabilita' con la regola generale di riparto della competenza territoriale consacrato nei citati articoli 2 e 3 della legge Tribunale amministrativo regionale del 1971 (atteso che sovente queste controversie investono atti emanati da enti nazionali, quali il Coni e le Federazioni sportive nazionali, intese in parte qua come organi del Coni, aventi efficacia spaziale nazionale, ogni qual volta, ad esempio, incidano su manifestazioni sportive nazionali o ultraregionali) e trovano peraltro una loro base di plausibilita' in un fumus di "legittima suspicione" rispetto al giudice territoriale indotta da notori, diffusi ed assai gravi fenomeni di turbativa dell'ordine pubblico posti in essere dalle tifoserie locali. Nulla di tutto questo appare riferibile al caso in esame in cui, pur essendo in taluni casi (comunque eccezionali) intervenute forti tensioni sociali, soprattutto in relazione alla localizzazione di interventi ad elevato impatto ambientale (per il fattore c.d. nimby), e' stato tuttavia possibile di regola rinvenire negli strumenti ordinamentali di inchiesta pubblica e di partecipazione democratica soluzioni fisiologiche sui piano procedimentale e provvedimentale (nel caso in esame, come ricordato nella esposizione del fatto, le forti tensioni sociali verificatesi in relazione al problema della "provincializzazione" dei rifiuti e alla necessita' di reperire con urgenza un sito di stoccaggio di rifiuti, hanno trovato infine adeguata composizione negli strumenti dell'accordo di programma e della partecipazione democratica alle scelte ambientali pubbliche). Comunque, ad avviso del Collegio, il metodo dell'allontanamento dal territorio delle controversie che in esso si sono generate, se immotivatamente generalizzato (invero tutte le liti possono suscitare tensioni sociali), si pone in contrasto con gli articoli 25 della Costituzione (per quanto gia' osservato sub punto 2), nonche' con l'articolo 125 della Costituzione, in base al quale nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica, che esprime un profilo attuativo degli articoli 24 e 113 della Costituzione nel senso dell'apprestamento di organi di giustizia amministrativa distribuiti sul territorio secondo un criterio di vicinanza e di accessibilita' per il cittadino (l'evidenziato profilo di contrasto sussiste, ad avviso del Collegio, pur dopo l'abrogazione, ad opera dell'articolo 9 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, del primo comma del suddetto articolo poteva essere letta come un ancoraggio troppo stretto al controllo giurisdizionale degli atti degli organi regionali). Un siffatto metodo di sottrazione a priori al giudice naturale territorialmente competente di interi settori di controversie definiti secondo un criterio per materia astratto e generale finisce per sovvertire il principio processualistico generale della legittima suspicione come eccezione che conferma la regola che va verificata e motivata nei singoli casi concreti. 4) In conclusione, la norma in questione presenta evidenti profili di incostituzionalita', per violazione degli evocati parametri della Legge fondamentale, nonche' per eccesso di potere legislativo, per la manifesta irrazionalita' della scelta normativa. Ne segue la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la conseguente decisione.